"Da piccola sono sempre stata insicura, mi nascondevo su tutto. Alle recite a scuola? Non mi si vedeva. C’era una festa? Io stavo sempre nell’angolo più buio. La mia personalità l’ho tenuta in secondo piano a lungo, fino a che, intorno ai vent’anni, ho deciso che dovevo far venire fuori chi ero.
Tutto cambia con un piccolo gruppo teatrale e una rappresentazione al fianco di bambini con disabilità. Da quel momento, mi si è aperto un mondo. La chiave di chi io fossi era nell’aiutare le persone. Non ho potuto frequentare psicologia come avrei voluto, ma non mi sono arresa: ho letto tanto, manuali su manuali, perché volevo capire come stare vicino alle persone.
Ricordo come se fosse oggi la me decenne di un tempo, per mano a mio padre, che saluta dal piazzale del Bambin Gesù mia sorella, in isolamento per epatite dietro la finestra di una stanza di ospedale. Ogni giorno, per 40 giorni, ci guardavamo da lontano e io agitavo la mano per salutarla, per farle capire che ero con lei. E mi dicevo: “un giorno starò lì, dietro il vetro di quella finestra, per stare accanto a chi ne ha bisogno”.
Quella bambina, crescendo, con tutti i suoi manuali, ha capito che per aiutare le persone la prima cosa da fare è ascoltarle.
E così ho iniziato a farlo. Ascoltando, ho imparato a lavorare nei gruppi, a guidarli dando valore al contributo di ciascuno.
Mi piace far emergere il piano collettivo, come quei giochini sulla settimana enigmistica in cui riesci a vedere il disegno generale, solo se connetti tutti i singoli punti tra di loro.
In SMI sono responsabile dell’ufficio gare e dei settori amministrativo e logistico, con un team che lavora con me.
La mia soddisfazione più grande? Rientrare dalle vacanze, trovare l’abbraccio del mio gruppo e sentirmi dire “non vedevo l’ora di rientrare al lavoro”.
Ho sempre creduto che fiducia e felicità dovessero essere parole possibili anche in un posto di lavoro.
E qui lo sono".
SIMONA