Il 14 gennaio compirò 40 anni.
Se dovessi fare un bilancio di questi primi anta, direi che negli anni ho imparato ad essere meno intransigente nei confronti degli altri.
Chi mi incontra, di primo acchito, mi trova molto colorata: amo la possibilità che gli abiti danno di esprimere chi si è. Io non mi copro, mi rappresento.
Mi ritengo un’esteta.
Perché amo il bello? Perché ci trovo pace e tranquillità ed è la mia armonia.
Vivo in tempesta. Le mezze verità o le posizioni comode non fanno per me.
Non lascio niente di non detto, anche se è faticoso affrontarne le conseguenze.
La lealtà viene prima di tutto, sempre.
Non parto prevenuta, ma le delusioni mi spaventano. È come se avessi il fianco esposto: non mi aspetto che qualcuno possa fare del male, perché non è il presupposto con cui mi avvicino agli altri, ma a volte ho dovuto ricredermi con dolore.
Come stai?
È la prima domanda che mi viene naturale porre. Stabilire connessioni, fare spazio per accogliere la storia dell’altro, mi fa stare bene.
Credo che ognuno di noi si debba assumere la responsabilità del tipo di essere umano che vuole essere, nella vita di tutti i giorni.
Alla Francesca dei secondi anta, faccio un augurio: che impari ad accettarsi con tutti i suoi limiti.
Così com’è.