Ai microfoni di Giulia Capobianco, Cesare Pizzuto ha raccontato come “il sostegno a questa mostra nasce dalla volontà di sostenere l’arte e le passioni, coerentemente con la nostra responsabilità sociale e la voglia di creare valore per le persone. Gli scatti di Cito e Carlisi cristallizzano uno dei momenti topici della vita, pur con stili e linguaggi diversi, ma riuscendo a raccontare un’intera storia in ogni scatto”.
Durante l’intervista è stato affrontato anche il rapporto tra la tecnologia e l’arte: “Da un punto di vista tecnico – ha continuatoPizzuto – la fotografia non è nient’altro che un fascio di luce che si imprime su una lastra: agli albori della fotografia e fino alla metà del ’900, il processo era abbastanza complesso tra sali d’argento e camere oscure. Poi arrivarono gli anni ’70 e i primi tentativi di fotografia digitale, che adesso sono estremamente più diffusi rispetto alle macchine analogiche.
Ma la tecnologia, in questo caso specifico, non è nient’altro che un enzima: è quello che rende più veloce la messa a disposizione della visione, dello scatto, della creatività del fotografo. Tutto quello che c’è di creativo e di artistico in una foto, accade prima, quando il fotografo mette l’occhio nel mirino e cattura quel momento. Da lì in poi c’è la tecnologia, che rende solo tutto più veloce e fruibile.”